InvasioniDigitali: co-creazione di valore culturale attraverso la partecipazione attiva dei pubblici alla narrazione archeologica

Viviamo in uno di quei rari momenti storici in cui abbiamo l’opportunità di creare qualcosa che, seppur ancora ibrido, lascerà un segno nella storia stessa, perché coinvolge la comunità, le persone, e anzi è proprio promosso dalle persone con un impatto su un pubblico vastissimo. L’utilizzo del superlativo non è casuale perché, come per le grandi invenzioni della storia, il digitale ha permesso a tutti di avere accesso alla conoscenza in un mondo in cui possiamo fare domande, avere risposte, interagire con chiunque e non soltanto con un medium ma avendo a disposizione molteplici piattaforme.
La comunicazione, però, in un contesto digitale è più fragile di quello che potrebbe sembrare; richiede che chi invia e chi riceve il messaggio utilizzi tecnologie compatibili che evolvono velocemente e profondamente ma, soprattutto, che entrambi abbiano sviluppato un’attitudine simile a comprendersi reciprocamente, a volersi comprendere reciprocamente. Questo aspetto si complica quando parliamo di patrimonio culturale digitale in considerazione della sua natura alquanto “intangibile” e che lascia spazio ad interpretazioni personali. D’altro canto, la tecnologia ci aiuta a comprendere meglio l’oggetto culturale e ad ingaggiare un rapporto ancora più stretto con il nostro pubblico. Creare un rapporto più stretto con il patrimonio culturale permette alle persone di comprenderne i problemi di comunicazione, di creare maggiore consapevolezza delle necessità legate alla sua promozione e valorizzazione, di creare un senso di partecipazione che possa accrescere il valore di ogni esperienza culturale.
Invasioni Digitali è una comunità di persone che supportano il patrimonio culturale italiano, e i suoi musei, invadendoli, letteralmente, e documentando l’esperienza attraverso il web. Ogni invasione ha l’obiettivo di creare nuove forme di conversazione su arti e cultura, e di trasformare il patrimonio culturale in qualcosa di più aperto, accogliente e innovativo. Il progetto riguarda la co-creazione di valore culturale attraverso la partecipazione proattiva dei visitatori nel ciclo di vita della comunicazione dei musei ed è caratterizzato da un approccio bottom-up dove la comunicazione social e digital sono la chiave : gli invasori sono blogger, archeologi, fotografi, storici, esperti di comunicazione, bambini, anziani, insomma persone dai background più svariati. Tutti, però, hanno in comune la passione e l’amore per il proprio Paese e il suo unico patrimonio culturale.

1. #InvasioniDigitali: nascita e risultati di un progetto digitale bottom-up
Basato sull’utilizzo di smartphone, tablet, tag e social network, #InvasioniDigitali è un progetto bottom-up nato nel 2013. L’occasione della sua nascita fu la cancellazione, per ragioni economiche, della “Settimana della Cultura”, evento promosso dal Ministero della Cultura Italiano fin dal 1998.

La prima edizione, svoltasi dal 20 al 28 Aprile 2013, ha avuto l’opportunità di crescere grazie a network di persone e partner che, comprendendo il cambiamento nel ruolo che le persone hanno grazie al diffondersi dei social network, hanno sottoscritto il Manifesto e deciso di supportare le istituzioni culturali italiane invadendole con macchine fotografiche, smartphone e tablet per vivere e raccontare al mondo la propria personale esperienza attraverso il web e i social media.
330 “invasioni programmate” sono state organizzate il primo anno (fig.1). Ogni invasione è stata un mini evento sociodigitale, con la sua locandina, il suo evento su Facebook, il suo specifico hashtag condiviso contestualmente a quelli ufficiali.

La seconda edizione (24 Aprile – 4 Maggio 2014) ha varcato i confini dell’Italia, coinvolgendo anche altri continenti: alcune delle 407 invasioni sono state organizzate in altri Paesi europei e oltreoceano (fig. 2-4-5).
E così via fino all’ultima edizione (21 Aprile – 7 Maggio 2017) dove, seguendo il motto “Culture has no borders” alcune invasioni sono state organizzate in contemporanea in luoghi simili ma lontani come, ad esempio, a Puck, in Polonia, dove sono state portate pietre dolomitiche per raccontare le nostre montagne in Polonia (Fig. 6).

Partendo dall’Italia le invasioni digitali si sono spinte oltre confine coinvolgendo luoghi come il Kilkemmy castle, in Irlanda, il Berlin Museum e il Landesmuseum Natur und Mensch di Oldenburg, fino a giungere oltreoceano, negli Stati Uniti, per invadere il Baltimore Museum, il Museo Do Arte Do Rio in Brasile e il Museo of Contemporary Art di Sidney in Australia.
Circa 2,000 invasioni sono state organizzate e 50.000 persone coinvolte attraverso diversi Paesi.

#InvasioniDigitali è un progetto unico nel suo genere per la sua consistenza, viralità, novità e effetto sulla comunicazione culturale digitale.

Diventando sia una sorta di laboratorio territoriale nazionale per nuovi modelli e prodotti di comunicazione sociale e digitale sia uno strumento per migliorare l’esperienza di visita delle persone e le performance dei musei e organizzazioni culturali, è stato riconosciuto sin dalla nascita come una best practice (Symbola & Unioncamere, 2013: 201) portando alla piena adozione del modello partecipatorio nei musei. (Simon, 2010).

#InvasioniDigitali è diventato presto un forte esempio di coinvolgimento dei pubblici di partecipazione proattiva nella co-creazione, condivisione e disseminazione di valori e contenuti culturali, creando nuove forme di conversazione sulle arti e la cultura e aiutando a trasformare il Patrimonio culturale italiano in qualcosa di aperto, accogliente e innovativo.
Grazie a #InvasioniDigitali, centinaia di musei italiani e istituzioni culturali hanno superato la loro riluttanza nel lasciare che venissero scattate foto per la pubblicazione sui social media. Le #InvasioniDigitali hanno portato ad un profondo cambiamento: dopo la seconda edizione, il Ministro dei beni Culturali e del Turismo ha introdotto una legge (L.106, 29th July 2014, Decreto Cultura) per regolare la riproduzione delle immagini dei beni culturali italiani. Scattare foto e condividerle sul web, su base privata e senza scopo di lucro, è stato parzialmente liberalizzato.
Fin dalla prima edizione, molte istituzioni culturali sono diventate organizzatrici di invasioni digitali; questo fenomeno, che si è consolidato nel secondo e terzo anno, ha visto casi come quello della Soprindentenza ai Beni Culturali di Agrigento in Sicilia che, durante l’edizione del 2015, ha organizzato 11 invasioni in siti archeologici e culturali normalmente chiusi al pubblico. Gli invasori sono accorsi a centinaia, come nel caso dell’Ipogeo Stagnone Pontillo di Licata, Agrigento, uno dei monumenti più significativi del territorio alla foce del Salso-Imera (Fig. 7).

Fig7-InvasioniDigitali_IpogeoStagnonePontillo

#InvasioniDigitali è un grande progetto di inclusione digitale culturale: persone con la stessa identità e valori culturali – prendendo parte alle invasioni programmate – hanno contribuito ad accrescere l’orgoglio, la consapevolezza, l’interesse e la curiosità verso i siti culturali, contribuendo a creare nuove forme di patrimonio vivo e comunicativo attraverso la co-creazione partecipatoria di valori culturali.
In accordo con la definizione di cultura partecipatoria (Jenkins, 2009) possiamo dire che #InvasioniDigitali è un grande esempio di come la cultura partecipatoria potrebbe rappresentare il futuro del Patrimonio Culturale.

2. Organizzare e Partecipare alle #invasionidigitali
L’approccio alle tecnologie è cambiato radicalmente negli ultimi anni grazie soprattutto alla facilità di utilizzo ed ai costi accessibili. Un approccio nuovo avvenuto soprattutto grazie ai dispositivi mobili e alla diffusione dell’utilizzo della rete in mobilità. Oggi le persone hanno una dimestichezza pressoché totale con questi dispositivi e con i social media che hanno consentito di condividere hic et nunc un pensiero, un’attività, un’emozione, un’esperienza; così, la visita ad un museo, l’osservazione di un’opera d’arte, persino un selfie, vengono non solo immortalati ma condivisi sul momento. E quella condivisione non iè soltanto la compartecipazione ad una esperienza, ad una emozione ma diviene un tramite – visuale – di passaparola digitale per il museo. L’obiettivo resta, quindi, quello di diffondere la cultura dell’utilizzo di internet e dei social media per la promozione e la diffusione del patrimonio culturale e di creare, intorno ad esso, una vera e propria comunità.
Per questo, dopo la prima edizione, facendo propria la citazione di Platone «Mi sarei vergognato moltissimo se mi fossi scoperto un uomo buono solo di parlare e incapace di tradurre in atto le proprie idee » e forti della grande partecipazione e della voglia di riunire e ampliare la community di invasori intorno alla passione per il racconto del patrimonio culturale, #InvasioniDigitali ha riorganizzato il sito web per diventare una piattaforma dove le persone potessero trovare tutte le informazioni necessarie sulle invasioni organizzate, e parteciparvi, ma anche organizzarne di proprie.
Il primo passo nell’organizzazione di un’invasione resta la voglia di lasciare qualcosa di sé di un luogo che si ama, di partecipare del suo racconto, amplificato grazie al web, al messaggio che si riesce ad inviare grazie ai tweet, ai post, ai pin.
Come recita il manifesto di #invasionidigitali: crediamo in nuove forme di conversazione e divulgazione del patrimonio artistico non più autoritarie, conservatrici, ma aperte, libere, accoglienti ed innovative.
Ecco le quattro parole chiave :
• Aperti. Aprire luoghi d’arte e cultura che normalmente non lo sono, essere aperti noi, al dialogo, alle curiosità, alle novità.
• Liberi. Siamo un gruppo di giovani liberi, che liberamente si è raggruppato con la sola voglia di rendere un servizio al nostro Paese, ricco di storia e bellezze, uniche al mondo. Liberi di credere che andare a lavorare all’estero non sia l’ultima chance, perché siamo convinti che l’Italia ci possa dare la possibilità di vivere con la cultura, la storia, il territorio, l’arte.
• Accoglienti. Come solo noi sappiamo esserlo.
• Innovativi. Tutti dobbiamo coltivare idee nuove. Chi poteva immaginare solo qualche anno fa che
un’iniziativa come #invasionidigitali potesse nascere in Italia ed avere follower in Germania, Spagna, America…

Venendo al sito, un calendario permette di recuperare tutte le invasioni, dal 2013 al 2017, utilizzando la ricerca per data, provincia, comune o regione.

E’ possibile, così, navigare tutte le invasioni programmate e decidere a quale partecipare in base alle informazioni che si trovano su ogni pagina dedicata (Fig. 8,9,10,11).

Il passaparola da offline diventa online e viceversa: da un lato la chiamata all’invasione viene promossa nella cerchia di conoscenti, dall’altro attraverso il web e i social network. In molti casi (fig. 11) un’invasione diventa un punto di partenza per promuovere il resto del territorio e non solo l’area archeologica.

Fig10-InvasioniDigitali_aree_archeologiche_Montegrotto_Terme
Fig11-Dettaglio_della_InvasioneDigitale_a_Libarna

3. #InvasioniDigitali 3D: coinvolgere le giovani generazioni nella co-creazione del Patrimonio Archeologico Digitale
Fin dalla prima edizione #InvasioniDigitali ha ottenuto il patrocinio del Dipartimento Siciliano dell’Identità e Patrimonio culturale, garantendo l’accesso ai siti e liberalizzando la documentazione fotografica del patrimonio culturale. #InvasioniDigitali in Sicilia è diventato uno dei maggiori eventi anche per le istituzioni culturali, mostrando come l’iniziativa abbia un effetto sull’approccio delle istituzioni stesse alle ICT: tutti i musei regionali e parchi archeologici in Sicilia, nei primi tre anni, hanno partecipato al progetto.
All’interno di questo progetto, per la prima volta nel 2015 è stato avviata l’esperienza pilota #invasionidigitali 3D. L’idea è molto semplice: le odierne tecniche Structure from Motion (SfM) consentono di ricavare modelli 3D a partire da immagini fotografiche dell’oggetto reale, la bontà del modello ottenuto è funzione di alcuni semplici accorgimenti da adottare durante la fase di ripresa fotografica. Durante l’invasione digitale quindi, il visitatore si trasforma in protagonista creando contenuti culturali 3D utili per la divulgazione del sito. Il progetto è stato avviato in maniera coinvolgendo gli studenti dell’università di Catania (corso di Rilievo Digitale) e dell’università di Palermo (corso di Disegno). Come siti oggetto della sperimentazione sono stati scelti l’Area archeologica di Santa Venera al pozzo (Acicatena, Catania) e la mostra “LIKE” del Museo Antonino Salinas (Palermo).
Prima di ogni invasione si sono svolte due lezioni frontali per preparare gli studenti sul significato del progetto e il suo impatto sociale e per stimolarli a prendere parte a questo esperimento 3D, una assoluta novità all’interno del programma nazonale di Invasioni Digitali. Moltissimi studenti hanno partecipato con passione: armati di macchine fotografiche, tablet, smartphone hanno fotografato gli elementi salienti di ciascun sito individuato producendo i relativi modelli 3D e video che sono stati diffusi sui social media (twitter, facebook, instagram). L’obiettivo del progetto era quello di analizzare la risposta degli studenti in termini di creatività, senso di appartenenza e identità verso gli oggetti del patrimonio che stavano “catturando”. La creazione di repliche virtuali di questi oggetti è diventata un importante momento di studio, crescita e interazione con il patrimonio culturale: ogni modello 3D è divenuto un ponte tra l’oggetto originale e la sua conoscenza. L’arte diviene conoscenza quando viene condivisa. (Dal Manifesto di #InvasioniDigitali).
Al fine di valutare l’impatto di questo esperimento agli studenti è stato sottoposto un questionario. Il questionario aveva l’obiettivo di capire quale relazione avessero con il patrimonio culturale e, in particolare, archeologico e con le riproduzioni di manufatti (sia che fossero abituali frequentatori di musei e siti archeologici o no e fossero abituati a scattarne foto); di capire se, secondo loro, il progetto #invasionidigitali fosse adatto a promuovere e valorizzare il patrimonio culturale e archeologico; per capire il loro rapporto e livello di coinvolgimento con i modelli 3D di manufatti; per capire se, secondo loro, i modelli 3D potessero ritenersi utili per incoraggaire le persone ad andare fisicamente in un museo o sito archeologico per vederli dal vivo; per capire il loro rapporto con le immagini di opere d’arte e i social media e se ritenessero utili questi ultimi nella valorizzazione e conoscenza del patrimonio archeologico. Questo approccio sperimentale è stato disegnato per creare nuovi modi di fruizione del patrimonio culturale, nuovi approcci di visita culturale: il visitatore è stato personalmente coinvolto in uno specifico processo di creazione di contenuti UGC, incrementando il valore culturale di un manufatto nel suo stesso contesto.
Questi modelli 3D sono stati poi dati alle amministrazioni pubbliche che, in accordo con i paradigmi dell’Open Access, li hanno condivisi su web e social media.
Gli esiti positivi hanno portato alla re-iterazione dell’esperienza sia a Catania che a Palermo attraverso la riconferma o l’individuazione dei siti oggetto della sperimentazione. Nel 2016 è stato riconfermato il museo archeologico Antonino Salinas a Palermo, mentre nel catanese si è deciso di dare visibilità ad un sito unico Campanarazzu, dove si trovava la chiesa madre dell’antica Misterbianco (CT) che per più di trecento anni è rimasto sepolto sotto dodici metri di basalto lavico della colata del 1669 e che è stato riportato alla luce a seguito dei recenti scavi della Soprintendenza. Si tratta di un luogo di eccezionale valore storico-culturale poiché costituisce una delle poche testimonianze architettoniche (XIV-XVII secolo) superstite all’eruzione del l669, che cancellò 16 casali dell’areale etneo, e al successivo devastante terremoto del 1693. Sempre a Catania si è individuato un ulteriore sito il Museo Civico Castello Ursino dove la sperimentazione ha avuto come oggetto la digitalizzazione 3D delle collezioni custodite nei magazzini.
In entrambi i casi, l’invasione si è trasformata in un vero e proprio laboratorio sul campo durante il quale gli studenti hanno applicato le tecniche spiegate a lezione ed hanno illustrato ai partecipanti le procedure operative per ottenere dei dataset ottimali.
Il 2017 è stato l’anno del contagio, oltre alle ormai consolidate esperienze siciliane che hanno ancora una volta visto protagonisti il Museo Salinas e il Museo Civico Castello Ursino, anche il museo Abatellis di Palermo ha fornito i propri spazi per dare luogo alla sperimentazione, mentre anche gli studenti del corso di Tecniche digitali di Rappresentazione del Politecnico di Torino sono stati coinvolti nella loro prima esperienza di #invasionedigitale3D alla conquista della loro sede storica, il Castello del Valentino.

4. #InvasioniDigitali 3D al Parco Archeologico di Santa Venera al Pozzo a Acicatena.
L’area archeologica di Santa Venera al Pozzo si trova ad Acicatena, vicino Catania (fig. 13). Il sito si sviluppa su di un’area di 9 ettari. Questa area era molto conosciuta come un centro rurale Greco e romano, dove i resti di terme romane insistono su di un’area sacra greca e una fabbrica con forni dove venivano prodotti mattoni, piastrelle e ceramiche (Amari, 2007, 2008).
L’area “è una riserva naturale meravigliosa, con cascate d’acqua, e piante, alberi e fiori della macchia mediterranea. Una moderna chiesa, ancora in uso, si trova a pochi metri a est di dove Santa Venera venne martirizzata” (Amari, 2007).

Fig13-locandina_invasione+studenti

Circa trenta studenti dell’Università di Catania, del corso di studi in Ingegneria Edile e Architettura, sono stati coinvolti nel progetto. L’evento, l’invasione, è stato calendarizzato nelle attività del corso di Disegno Automatico come applicazione pratica delle tecniche Structure from Motion per la documentazione 3D del Patrimonio Culturale.
Dopo la presentazione dell’area archeologica da parte degli architetti e degli archeologi che attualmente lavorano in questo sito, gli studenti hanno iniziato ad acquisire i dataset delle immagini sia dei reperti custoditi nell’Antiquarium che dei monumenti (terme romane, cisterne, chiesa di Santa Venera) visibili lungo il percorso di visita.
La varietà degli edifici presenti nell’area archeologica ha consentito la sperimentazione delle tecniche SfM su oggetti di dimensioni differenti (figure 14 e 15), inoltre, la presenza di una zona lussureggiante ricca di vegetazione ha creato non poche difficoltà durante le riprese fotografiche.

Fig14-due_edifici_area_archeologica
Fig15-reperti-Antiquarium

Gli studenti-invasori hanno lavorato attentamente, con grande cura e entusiasticamente per tre ore per ottenere almeno un intero dataset di un monumento e di un reperto. Hanno utilizzato reflex, macchine fotografiche compatte e smartphone ottenendo immagini a varie risoluzioni. Sono stati riscontrati alcuni problemi dovuti alle caratteristiche dimensionali degli oggetti (troppo grandi o troppo piccoli) che hanno condizionato la risoluzione dei modelli finali. I modelli 3D ottenuti sono comunque molto soddisfacenti, eccetto per le parti in alto che non è stato possibile fotografare dal basso.
Nelle immagini di seguito gli edifici (fig. 16) e i modelli 3D (fig. 17).

Fig16-modello3Dterme+modello3D_cisterne
Fig17-modelli3D-reperti

Riguardo al questionario sottoposto ai ragazzi, la maggior parte degli studenti ha vissuto un’esperienza molto emozionante nel raccogliere e creare i modelli 3D dei reperti e molti di loro hanno, per la prima volta, iniziato un ragionamento critico sulle possibilità che le tecnologie 3D possano avere nello stimolare una visita diretta ad un sito archeologico. Per tutti gli studenti, l’esperienza è stata decisamente efficace perché, per la prima volta nella loro vita, hanno creato un contenuto culturale durante la visita ad un sito archeologico.

5. Conclusioni
Con questo esperimento bottom-up e didattico di acquisizione 3D, il progetto #InvasioniDigitali in Sicilia ha aperto una nuova fase del progetto nazionale che, ad oggi è stato già ripetuto su scala più ampia (Torino), ed in previsione per il 2018 sono già in fase di organizzazione delle sperimentazioni a Roma e Cassino.
Alla luce dei risultati ottenuti, si può confermare quello che alcui studenti hanno affermato: “le repliche 3D di manufatti hanno un grande ruolo nel preservare digitalmente il Patrimonio Culturale, dal momento che la multi-visualizzazione 3D aumenta la percezione delle caratteristiche fisiche degli artefatti consentendo un’esperienza più profonda con questi oggetti. L’esperimento suggerisce, anche, che la multi-visualizzazione (per esempio la nuvola di punti e il mess) aiuti l’osservatore a superare la personale concettualizzazione di oggetti specifici.
(Galeazzi et al., 2015).

Ispirato da una necessità, Invasioni Digitali, oggi è diventato una sorta di laboratorio territoriale per nuovi modelli e prodotti di comunicazione digitale e social, e uno strumento per migliorare l’esperienza di visita delle persone e la performance del museo o sito culturale. Infatti, i media digitali costituiscono una scommessa anche per tutto lo staff dei musei, istituzioni culturali, siti archeologici, istituzioni e aziende: il format di Invasioni Digitali è adatto ad ogni membro dello staff di un museo, ai professionisti e agli accademici come ai semplici appassionati di arte, cultura, archeologia poiché la co-creazione di valore culturale è qualcosa a cui ogni individuo è chiamato (e disposto) a partecipare.

#InvasioniDigitali è riportare le persone al centro, perché ogni museo si faccia promotore di una cultura partecipata, alla ricerca di un dialogo con le persone.

Le invasionidigitali hanno dimostrato quanto le persone abbiano a cuore i propri luoghi, dimostrando cosa sono in grado di fare quando gli si dà la possibilità di partecipare attivamente.

 

PUBBLICATO INArcheosocial. L’archeologia riscrive il web: esperienze, strategie e buone pratiche. Ed. Dielle

 

BIBLIOGRAFIA
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Tutte le immagini sono degli autori.

ACKNOWLEDGEMENT: 
Co-Authors: Elisa Bonacini, Cettina Santagati

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